di Laura Giarré

Università di Modena e Reggio Emilia

Professoressa di ingegneria dei sistemi. Ha conseguito la laurea con lode in ingegneria elettronica presso l’Università di Firenze nel 1986 e il dottorato in ingegneria dei sistemi presso l’Università di Bologna nel 1992. Ha lavorato presso l’Università di Firenze, il Politecnico di Torino, l’Università di Palermo, e dal 2016 è professore ordinario all’Università di Modena e Reggio Emilia presso il Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari”. Dal 2020 è professore aggiunto della Università NTNU in Norvegia. Ha trascorso diversi periodi come professore visitatore all’Università della California a Santa Barbara (USA), all’ MIT di Boston (USA) e alla Joan Kepler University di Linz in Austria. I suoi interessi di ricerca includono l’identificazione e il controllo dei sistemi a rete, la robotica assistiva, le smart cities e le smart grid, concentrando la sua attenzione sulla localizzazione, sulla navigazione per assistere i non vedenti e le persone ipovedenti. E’ membro del Think Tank della Fondazione Ampioraggio.

Scenari post-covid: il gender gap

La questione femminile, il gender gap e il ruolo della donna nella società italiana è uscita malconcia anche in questa situazione di crisi. Moltissime donne oltre a lavorare in smart working, o in settori a rischio quali grande distribuzione e ospedaliero, hanno visto i propri compiti aumentare, si è aggiunta la gestione quotidiana dei figli e il supporto alla loro educazione durante e dopo la teledidattica sia nel periodo di lockdown che nella fase 2 e l’assistenza ai familiari anziani rimasti soli e a rischio. Questo ha aumentato, come riportato da una ricerca di Adecco le difficoltà a conciliare vita privata e lavorativa. Cosa che in alcuni casi ha generato stress e tensioni, riducendo le occasioni di carriera.

A essere soddisfatti dalla esperienza di lavoro a distanza sono gli uomini

Secondo un’indagine svolta dalla Cgil sui lavoratori italiani in smart working, a essere soddisfatti dalla esperienza di lavoro a distanza sono soprattutto gli uomini, molto meno le donne. Che spesso sono state costrette a condividere i propri device digitali con i figli impegnati nella didattica a distanza. Inoltre le richieste di part-time sono aumentate con un grosso squilibrio tra la componente maschile e quella femminile. Leggo in questo interessante articolo i vari aspetti anche psicologici legati alla condizione femminile italiana e come la crisi abbia aggravato una situazione già molto difficile. Inoltre in questo recente articolo, si sottolinea come sotto il profilo puramente economico, proprio per l’evidenza che le donne costituiscono una grande fetta di lavoratori part-time e informali in tutto il mondo e in Italia, l’epidemia potrebbe avere un impatto sproporzionatamente negativo su di loro.

Le donne sono state maggiormente colpite in termini di orario di lavoro effettivo

Durante la crisi a livello istituzionale si è faticato a vedere una giusta rappresentanza femminile nelle task force che sono state scelte dal governo. In un primo tempo addirittura furono nominate delle commissioni di tecnici completamente maschili. Che la situazione italiana sia molto preoccupante lo si evince dalla cronaca e dalle varie classifiche europee che ci vedono purtroppo sempre fanalino di coda a livello di scala di potere, di aiuti concreti alle famiglie, e di un vero piano per superare il gender gap. Per vedere a situazione italiana rispetto all’Europa basta aprire dei report quali quello del World Economic Forum oppure quello di Eurostat dal quale si denota come in 17 Stati membri dell’UE, le donne siano state maggiormente colpite in termini di orario di lavoro effettivo, durante il periodo iniziale della crisi COVID-19, e fra questi stati l’Italia più di tutti.
Ci si chiede se questa crisi, che ha evidenziato molte lacune del paese, quali ad esempio le enormi lacune digitali, e che spesso risponde ai problemi nazionali con quello che io chiamo il volontariato più che le istituzioni, aiuti a smettere una buona volta la tendenza italiana a parlare dei problemi e delle questioni più urgenti senza un serio e concreto impegno nell’affrontarli con soluzioni vere e sostenibili.

Una società può essere sostenibile senza l’uguaglianza di genere?

In passato, a livello europeo, è stato svolto molto lavoro in ambito ICT (le tecnologie dell’informazione e della comunicazione) e di innovazione sociale per una società migliore e sostenibile. Una società può essere sostenibile senza l’uguaglianza di genere? Secondo l’agenda delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, la risposta è no. In linea con l’agenda delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e i suoi diciassette obiettivi, riporto e riassumo in particolare l’obiettivo 5 il cui focus è anche l’uguaglianza di genere: al centro del decennio 2020-2030 c’è la necessità di agire affrontare la crescente povertà, dare potere a donne e ragazze e affrontare l’emergenza climatica.
La questione di responsabilizzare la società al problema del gender gap è cruciale per una società sostenibile e in particolar modo adesso in scenari post-covid. Ci sono tante domande che occorre porsi, e a cui concretamente occorre dare risposta sia istituzionale che culturale.
Quali sono le barriere che impediscono alle donne di raggiungere e mantenere posizioni più di potere?
Quali azioni ciascuno di noi può intraprendere per rimuovere i gap nei nostri rispettivi ambiti?
Può in una società moderna e digitale dell’era post-covid esistere ancora la questione di genere?