di Guglielmo de Gennaro

Public procurement and innovation purchases Manager - Area "Innovation of ​​the Public Administration" - Agenzia per l'Italia Digitale

Esperto nel settore degli appalti per l’innovazione e la sostenibilità, coltiva l’ibridazione dell’Open Innovation e degli appalti pubblici nel perseguimento di un nuovo paradigma relazionale tra gli attori del mercato della domanda e dell’offerta che porta al superamento degli attuali conflitti che causano inefficienza e inefficacia nell’acquisto procedure. È nato come giurista ma vive di cambiamento e di contaminazione della conoscenza attraverso un percorso di lavoro trasversale che, passando attraverso vari ruoli nella Pubblica Amministrazione, prima in campo militare e poi civile, che è stato accompagnato da esperienze nel settore forense, imprenditoriale, didattico, lo porta ad affrontare i temi dell’innovazione e della sostenibilità con una visione adeguata per la ricerca di soluzioni strutturali e di sistema.

Open Innovation Procurement: un nuovo paradigma per gli appalti pubblici

Qualche tempo fa un mio amico decise di dimagrire e pensò che comprare nuovi strumenti da cucina che promettessero una cottura dietetica fosse la soluzione, per cui si recò al centro commerciale vicino la propria abitazione e, con il supporto dell’addetto vendite del negozio di elettrodomestici, che gli spiegò nel dettaglio le caratteristiche tecniche ed il funzionamento delle apparecchiature top di gamma, comprò gli ultimi modelli offerti dal mercato, digitali, ecofrendly e connessi ad internet.

Tornato a casa, con grande entusiasmo e convinzione, provvide subito all’istallazione dei nuovi elettrodomestici e dedicò gran tempo alla lettura dei manuali d’uso per capirne a fondo il funzionamento. Il giorno dopo ne iniziò l’utilizzo ma … non cambiò il suo modo di cucinare, di condire gli alimenti, di fare la spesa, di vivere la sua giornata. Con sua grande sorpresa, dopo due mesi di uso costante e meticoloso delle nuove apparecchiature, non era neanche minimamente dimagrito.

Decise, quindi, di rivolgersi ad un ambulatorio medico specializzato e, ad un’equipe multidisciplinare, spiegò, con dovizia di dettagli, quali fossero le sue abitudini di vita ed alimentari ed i suoi obiettivi di miglioramento. Il team, sulla base delle esigenze evidenziate, anche a seguito di una serie di analisi e test, progettò per lui una dieta personalizzata ed un programma di attività fisiche da svolgere sotto la guida di un professionista.

Sulla base delle indicazioni ricevute incominciò ad acquistare gli alimenti riuscendo a spiegare al venditore esattamente il tipo di prodotto che cercava in ragione dell’apporto nutrizionale. Poi si rivolse ad un personal trainer, a cui presentò il programma predisposto dall’equipe multidisciplinare e con cui valutò come attuarlo. Anche recandosi al ristorante prese l’abitudine di spiegare al cameriere cosa poteva e non poteva mangiare, vedendo sempre soddisfatte le sue richieste.

Dopo solo un mese di questo nuovo stile di vita, con sua grande sorpresa, riuscì a raggiungere tutti gli obiettivi prefissati e scoprì di poter proseguire sulla strada del miglioramento.

Più digitalizzazione, più affidamenti diretti, più … più … più …

Dopo questa breve digressione parliamo di appalti. Come probabilmente saprete, il tanto vituperato Codice dei Contratti Pubblici, contenuto nel Decreto Legislativo n. 50 del 16 aprile 2016, dopo appena sette anni di vita, infiniti rimaneggiamenti, deroghe e correttivi, verrà definitivamente sostituito, a partire dal prossimo 1 luglio, dal nuovo, sfavillante e super performante testo unico di cui al Decreto Legislativo n. 36 del 21 marzo 2023.

Più digitalizzazione, più affidamenti diretti, più … più … più … ed anche sempre tanti detrattori, proprio così, perché neanche abbiamo iniziato ad utilizzarlo e le fazioni del pro e del contro hanno ripreso la loro disfida. Ma allora, se neanche questo nuovo strumento giuridico è riuscito a mettere tutti d’accordo, si riuscirà almeno, con esso, a rendere più efficaci ed efficienti gli appalti pubblici in modo da soddisfare le esigenze sottese e dispiegare il loro potenziale quale leva di politica industriale e di volano dell’economia nazionale? O ancora una volta, a prescindere dalla qualità delle procedure disegnate, ci si impantanerà nelle sabbie mobili di un’interpretazione strumentale al perpetrarsi di un paradigma relazionale patologico che lega domanda pubblica ed offerta di mercato?

Il paradigma relazionale vede le parti contrapposte

Il paradigma relazionale, la contrapposizione tra le parti del gioco, questo è il vero problema che impedisce agli appalti di esprimere ciò che sono in potenza. Le procedure, infatti, sono sempre perfettibili e, in quanto oggetto di norme di legge, soggette a 148 possibili interpretazioni diverse, come insegna la Filosofia del Diritto, a prescindere dalla qualità della tecnica normativa adottata. Esattamente per questa ragione pensare di risolvere le problematiche di efficienza ed efficacia degli appalti esclusivamente riscrivendo i processi di acquisto è come seguire l’approccio iniziale adottato dal mio amico e pensare di dimagrire solo comprando strumenti di cottura all’avanguardia, ma senza cambiare i propri comportamenti.

Il paradigma relazionale oggi esistente vede, come si diceva, le parti contrapposte; gli acquirenti pubblici, spesso buttati allo sbaraglio senza un adeguato percorso di formazione, promosso dalla Pubblica Amministrazione, sulle novità normative, si trovano a svolgere le funzioni di RUP (sottopagato) adottando, inevitabilmente, un comportamento difensivo che si tramuta in un percorso guidato dai bias della propria esperienza, verso la ripetizione di acquisti di soluzioni conosciute, a prescindere dalla loro capacità di soddisfare il bisogno, e, sempre, attraverso processi procedurali collaudati, anche oltre la loro adeguatezza alla tipologia d’acquisto e alla normativa esistente, per asserragliarsi dietro un approccio burocraticamente rassicurante.

Dall’altro lato gli operatori, diffidenti nei confronti di tale approccio, che vivono come un gioco ad eliminazione alla moda coreana di “Squid Game”, dove il RUP è l’entità oscura e sadica del gioco, che prova piacere nel vederli soccombere, si preparano à la guerre comme à la guerre, pronti ad attaccare i propri concorrenti e la stazione appaltante a suon di diffide, segnalazioni, ricorsi, denunce, etc.

Questo gioco delle parti, caratterizzato dalla mancanza di comunicazione e, quindi, dall’informazione incompleta, diventa un gioco a somma negativa, dove tutti ottengono un risultato inferiore a quello che avrebbero potuto ottenere anche, semplicemente, con una corretta e sana competizione.

Le Direttive europee hanno introdotto la Consultazione preliminare di mercato

Ma allora, possiamo “dimagrire”, seguendo l’esempio del mio amico, condividendo informazioni, progettando il percorso e cambiando approccio? Sicuramente sì! E con lo stesso piacevole sbigottimento che ha invaso lui scopriremo non solo come ciò sia possibile ma anche che lo sia ad invarianza degli strumenti normativi.

Le Direttive europee “appalti e concessioni” del 2014, infatti, il cui recepimento è stato attuato in Italia già con il D.Lgs. 50/2016 ed ora con il D.Lgs. 36/2023, hanno introdotto un istituto giuridico che può rappresentare la chiave di volta del cambiamento necessario, ossia la Consultazione preliminare di mercato.

Con tale istituto procedimentale è possibile istaurare un dialogo tra la stazione appaltante e gli operatori di mercato atto a ridurre l’asimmetria informativa che separa, bidirezionalmente, le parti in quanto, la prima ha una conoscenza estremamente finita delle soluzioni che il mercato può offrire e delle sue potenzialità di innovazione, mentre i secondi non conoscono realmente l’esigenza della Pubblica Amministrazione committente, essendo la loro conoscenza limitata alla descrizione, distorta dai bias esperienziali dell’acquirente, degli elementi comunicati.

L’esempio utile da emulare è quello dell’Open Innovation

Anche in questo caso, però, non è la previsione normativa in sé che può portare al superamento delle problematiche esistenti, ma l’uso che di essa se ne può fare. Perché ciò sia possibile si deve uscir fuori dalla rigidità formale della comunicazione tra gli attori del sistema ed adottare un approccio inclusivo, aperto, collaborativo, basato su un linguaggio semplice e diretto, avvalendosi di strumenti che facilitino il networking, la comunicazione, la partecipazione. L’esempio utile da emulare è quello dell’Open Innovation attraverso una declinazione di tale paradigma nel framework normativo degli appalti che consenta, non solo il rispetto dei principi da esso previsti, ma la trasformazione degli oneri di trasparenza e pubblicità come valore aggiunto per un processo apoditticamente aperto. Verrebbe, infatti, da chiedersi se i processi di Open Innovation B2B siano realmente aperti, considerando che il soggetto che li avvia, quasi sempre, coinvolge un numero ristretto di operatori individuati a suo piacimento, sia pur sulla base di requisiti tecnici previamente determinati. Nel contesto di quello che, a partir da ora chiameremo, Open Innovation Procurement è possibile fare di necessità virtù, per cui, se la partecipazione aperta è espressione del principio di parità di trattamento di tutti i potenziali concorrenti, in un contesto caratterizzato dalla necessità prioritaria di eliminare l’asimmetria esistente attraverso il confronto tra la stazione appaltante ed il maggior numero di operatori, il rispetto di tale principio normativo diventa il valore aggiunto del processo consentendo di raggiungere l’obiettivo prefisso, prima della pubblicazione della gara, con un elevato grado di certezza su quelli che saranno gli esiti di quest’ultima in termini di partecipazione, grado di innovazione e efficacia/efficienza dell’acquisto che verrà fatto.

È generare in esso un cambiamento nelle prospettive di risposta

Strumento per il raggiungimento di tale apertura, anzitutto, e ulteriore trasformazione di oneri normativi in valore aggiunto viene dal rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità. Pur non essendo previsti obblighi di pubblicità legale per le Consultazioni di mercato riuscire a diffondere quanto più possibile la conoscenza della finestra di dialogo aperta è fondamentale per la buona riuscita dell’attività. Per far ciò non ci si può limitare a strumenti di pubblicità canonici ma ci si deve avvalere di canali di comunicazione che consentano una maggiore capillarizzazione e una prossimità di linguaggio maggiore con i soggetti, come ad esempio Startup e PMI, che, avulsi dall’abituale mercato dell’offerta verso la Pubblica Amministrazione, possano generare in esso un cambiamento nelle prospettive di risposta. La comunicazione deve quindi divenire un’onda virtuale che deve portare i più capaci navigatori del web sulle nostre sponde e, quindi, deve avvalersi dei social networks, di siti web dedicati, di news letters, etc.

Anche la gestione del dialogo, poi, deve essere gestita attraverso strumenti altrettanto inclusivi, partecipativi, adeguati alla comunicazione che ha portato gli operatori ad avvicinarsi a noi ed ai nostri processi, per cui, partendo dal presupposto che la Consultazione di mercato non si esaurisce in uno o più momenti di incontro, ma che consista in un periodo durante il quale i confronto debba rimanere aperto ed attivo,  ci deve avvalere di piattaforma di collaborazione che faciliti il netrworking, attraverso cui creare vere community dove far germogliare il seme della cooperazione ed del cambiamento. In tale incubatore, adeguatamente facilitate dalla stazione appaltante, che si trasforma in un Innovation Broker, possono trovare così la loro reale dimensione quelle dinamiche di Open Innovation che rappresentano il presupposto per l’efficientamento dei nostri acquisti e che genereranno, tra gli operatori, collaborazioni che andranno oltre la semplice finalizzazione del singolo procedimento da noi avviato per rappresentare sull’humus sul quale attecchiranno i nostri successivi processi che da ciò saranno evidentemente facilitati.