Gianfranco Rizzo

di Gianfranco Rizzo

Professor in Mechanical Engineering

Laureato in Ingegneria Meccanica presso Università di Napoli (1975), ha lavorato presso FIAT Auto, Istituto Motori CNR, Università di Napoli e Università di Salerno, dove è ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale. Svolge ricerca nei settori Automotive ed energia. Numerosi incarichi in ambito regionale, nazionale ed internazionale. Autore di un brevetto su kit di ibridizzazione solare delle auto (HySolarKit, progetto LIFE-SAVE). Fondatore di eProInn e di ePowerIng, spin-off dell’Università di Salerno. Musicista ed autore di saggistica e narrativa.

Programma Nazionale per la Ricerca 2021-2027: una riflessione

È in corso la stesura del “Programma Nazionale per la Ricerca 2021-2027”: facciamo sentire la voce del sistema dell’innovazione

«Oggi il numero degli esperti ha superato il numero dei contagi», recitava qualche giorno fa un fortunato post che ha fatto il pieno di “Like” su Facebook. Parlare quindi di esperti che si riuniscono può far scattare qualche comprensibile reazione di intolleranza, specialmente in questo periodo. Ma invece vale la pena mettere da parte l’istinto, e capire che possiamo trovarci di fronte ad un’opportunità importante per “unire i puntini”. I giorni difficili e tragici che abbiamo trascorso, e quelli ancora incerti che stiamo trascorrendo, rischiano di far passare sotto silenzio un appuntamento che potrebbe e dovrebbe essere di grande importanza e forte impatto per il sistema dell’innovazione: la stesura del “Programma nazionale per la ricerca 2021-2027” (PNR). Secondo la definizione, disponibile sul sito del MIUR, il PNR «…è il documento che orienta la politica di ricerca in Italia.

L’ultimo PNR ha coperto il periodo 2015-2020, destinando 2,5 miliardi di fondi pubblici per la ricerca

Il PNR individua priorità, obiettivi e azioni volte a sostenere la coerenza, l’efficienza e l’efficacia del sistema nazionale della ricerca e contiene linee di indirizzo a livello nazionale. In tal modo:

  1. garantisce coerenza alle attività di ricerca,
  2. evita ridondanze e sprechi causati da una progettazione non coordinata,
  3. fornisce un piano temporale, finanziario e progettuale, a tutti gli attori pubblici,
  4. evita la dispersione di risorse in troppe direzioni e le concentra invece nelle aree di maggiore interesse, pur garantendo il necessario supporto alla ricerca di base, libera e imprescindibile».

L’ultimo PNR ha coperto il periodo 2015-2020, destinando 2,5 miliardi di fondi pubblici per la ricerca, aggiunti al finanziamento ordinario da parte del MIUR. Tra gli altri punti programmatici, troviamo:

  • aumentare il numero di ricercatori in Italia e dall’estero;
  • investimenti mirati sulle infrastrutture;
  • quattro aree prioritarie per la ricerca applicata: Aerospazio, Agrifood, Salute, Industria 4.0;
  • più sinergia fra sistema pubblico e privato;
  • e, infine, un programma strategico per il Sud.

Il nuovo programma ne recepisce ed aggiorna gli obiettivi, che puntano a sei aree di intervento:

  1. Clima, Energia, Mobilità Sostenibile;
  2. Cultura umanistica, Creatività, Trasformazioni Sociali, Società dell’Inclusione;
  3. Informatica, Industria, Aerospazio;
  4. Salute;
  5. Sicurezza per i Sistemi Sociali;
  6. Tecnologie sostenibili, Agroalimentare, Risorse Naturali ed Ambientali

ognuna delle quali articolata in diversi tavoli di lavoro (da 3 a 6 per ogni area). È disponibile in Rete il decreto istitutivo delle singole commissioni, con l’articolazione delle aree e dei temi, con i nominativi dei componenti delle commissioni e dei responsabili dei vari tavoli, che coordineranno il lavoro dei vari gruppi di esperti, di estrazione accademica. Il metodo di lavoro prevede esplicitamente la consultazione di stakeholder, organizzazioni e istituzioni, che possano impattare sui temi trattati sia in modo specifico/verticale che in modo trasversale/orizzontale.

I lavori, salvo proroghe, dovrebbero concludersi entro il 30 giugno: i tempi sono quindi molto stretti. Forse le cose sarebbero andate diversamente se non ci fossimo trovati all’interno di una pandemia, ma tant’è. E c’è sempre il rischio che lo sforzo collettivo di redazione di un documento e le buone intenzioni in esso contenute non producano i risultati sperati, e che il documento resti un libro dei sogni: non sarebbe la prima volta. Vale però la pena di provare ad organizzarsi ed a mettersi in gioco, per far sentire le esigenze e far valere le esperienze da parte di chi, al di fuori o al lato del mondo accademico, ritiene che la ricerca e l’innovazione giochino un ruolo prioritario per il nostro paese. Soprattutto nei tempi difficili che stiamo vivendo, ed in quelli incerti che ci aspettano.